Live Rarity, un hackathon per portare “la rarità nella quotidianità”, premiati i progetti dell’accademia Made di Siracusa

In un autobus affollato che trasporta 80-90 persone, 4 possono avere una malattia rara; in un ascensore di un supermercato, con all’interno 12/15 persone, almeno 1 se non 2 potrebbero essere malati rari. In totale, più del 10% delle 60 mila malattie che conosciamo sono rare e una persona su 18 può esserne affetto. Stime che fanno comprendere come l’aggettivo ‘raro’, che indica qualcosa di distante, che non ci appartiene, che pensiamo di non incontrare mai, non sia in realtà poi così calzante: la popolazione mondiale conta 8 miliardi di persone e ben il 6% (mezzo miliardo) è affetto da una di queste patologie. “Rare”, dunque, non significa “poche”.

Partendo da questo principio e dai numeri, e per stimolare il dibattito e la comunicazione su questi temi, si è tenuto a Parma ‘Live Rarity’, l’appuntamento conclusivo di una campagna formativa e informativa sulla rarità, avviata negli ultimi mesi del 2022 per iniziativa di Chiesi Global Rare Diseases in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Siracusa, finalizzata ad incrementare la consapevolezza e l’empatia verso le malattie rare, e a migliorare l’inclusione di chi le vive quotidianamente. Un progetto molto speciale, che ha visto l’arte come strumento di sensibilizzazione: protagonisti gli studenti dell’Accademia MADE,

che sono stati coinvolti in un contest sulla rappresentazione della rarità attraverso una forma artistica, i cui vincitori sono stati selezionati da una giuria composta da uno specialista delle malattie rare, un designer e un artista.

Gli studenti sono stati coinvolti in un webinar informativo sulle malattie rare tenuto da. Prof. Maurizio Scarpa, dirigente dell’azienda ospedaliera universitaria di Udine per le malattie metaboliche ereditarie dove ha presentato l’importanza dell’awareness nelle malattie rare e il patients’ journey emotivo.

Tra le malattie rare ci sono patologie che hanno origini molto diverse, di cui l’80% ha una base genetica e si manifesta fin dalla nascita o dalla prima infanzia. Sono patologie croniche, invalidanti che minacciano la sopravvivenza del paziente, spesso con una riduzione della qualità o dell’aspettativa di vita. Le malattie rare sono caratterizzate da una vasta eterogeneità di manifestazioni cliniche e sintomi, che differiscono non solo da malattia a malattia ma anche tra i pazienti con la stessa patologia. Talvolta si presentano con sintomi piuttosto comuni, che difficilmente fanno pensare ad una patologia rara, portando a diagnosi errate e ad un trattamento ritardato. Sono infine patologie croniche dalla gestione clinica difficile, che comportano sovente una disabilità ed invalidità altrettanto complessa e

“E’ ancora oggi diffusa l’errata convinzione che le malattie rare siano esclusivamente a carico dei bambini, poiché genetiche – spiega Scarpa – in realtà, lo sono per l’80%, e per il 20% di origine ambientale. Per via di questa credenza, i medici dell’adulto non se ne sono occupati fino a pochi anni fa. Il 50% delle malattie rare si manifesta nell’età pediatrica da 0 a 16/18 anni; mentre il 50% può manifestarsi dal punto di vista sintomatologico in età adulta, con magari un infarto precoce (insufficienze renali, problemi respiratori, renali e cardiovascolari sotto i 40 anni). Alcune malattie rare rimangono latenti per 20, 30, 40 anni e poi si manifestano causando all’organismo conseguenze letali. È importantissimo quindi fare una corretta informazione sotto varie forme, che sia diretta ai pazienti, ai medici, alla popolazione generale. Innanzitutto, bisogna iniziare a pensare a un aggettivo che non sia ‘raro’ ma che identifichi e inquadri meglio il concetto di rarità. Questo progetto, profondamente innovativo, mira a fare qualcosa di originale, per attirare nel mondo delle malattie rare persone che non ne avevano mai sentito parlare ma che hanno un ‘sentire’ particolare: persone creative, artisti, trasportati nel mondo delle malattie rare, grazie all’esperienza di un ‘medico del ‘900’, cioè me stesso. C’è necessità di formazione e questi ragazzi ci hanno aiutato a guardare da punti di vista diversi le malattie rare”. In Italia per migliorare l’assistenza a questi pazienti, secondo Scarpa, “l’informazione e la formazione della classe medica sono oggi delle priorità, in particolare per i medici di medicina generale, che sono i primi interlocutori dei pazienti: devono essere coinvolti in tutte le fasi, ed essere parte del territorio che aiuta e assiste il paziente. Il vantaggio che abbiamo in Italia è quello di avere reti di riferimento europeo che si coordinano con le reti italiane e si potranno portare avanti linee guida e progetti comuni: possiamo davvero essere il paese guida, essendo anche leader nello screening neonatale. Abbiamo inoltre oggi una legislazione nuova su trial clinici, industrie impegnate per ottenere nuovi farmaci, ci sono dunque le condizioni per fare un salto di qualità e avere la coscienza civile di riconoscere che quando si parla di disabilità non deve essere identificata solo nelle più note malattie, ma includere anche le malattie rare”.

Obiettivo di ‘Live Rarity’ è stato proprio far comprendere il fatto che queste malattie non sono così rare dal punto di vista della frequenza, ma possono e dovrebbero essere bagaglio di conoscenza di tutti i medici con un unico obiettivo: fare una diagnosi precoce, poiché grazie ai successi della biologia molecolare si sono identificate terapie efficaci. Peraltro, l’Italia, che ha iniziato negli anni ’50 a lavorare sulle malattie rare, è uno dei paesi più avanzati in questa specifica area, perché dal 2016 abbiamo una legge che obbliga a sottoporre a screening gratuiti tutti i neonati per circa 50 patologie metaboliche, identificabili solamente nei primi giorni di vita.

“Oggi i pazienti con malattie rare che hanno ricevuto una diagnosi in Italia sono oltre 2,2 milioni – ha ricordato Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare – quasi un partito politico che, se unito, può davvero far squadra. C’è sempre necessità di parlare di malattie rare e c’è sempre necessità di farlo in una maniera approfondita e soprattutto con professionisti dedicati. Farlo nell’ambito e in un contesto dove ci sono anche le aziende farmaceutiche, che sono quelle che ci danno le terapie, è fondamentale per cercare di collaborare sempre di più e fare rete per andare tutti nella stessa direzione. La nostra Federazione riunisce oltre 180 associazioni di malattie rare, ma rappresenta in realtà tutta la comunità di pazienti. Abbiamo un servizio di ascolto, informazione e orientamento che serve a tutti, in particolare a chi non ha ancora un’associazione, perché alcune malattie sono così rare che non si sono ancora organizzati in maniera strutturata. Facciamo però anche supporto per le associazioni, in modo che sempre di più possano tutelare gli interessi delle persone con malattia rara. Ma c’è ancora molto da fare, specialmente per la diagnosi, perché ancora ci sono 4 anni di ritardo nella diagnosi, e c’è necessità di una presa in carico precoce e sempre più precisa che non lasci mai nel suo percorso il malato raro da solo”.

“L’Italia – ha aggiunto Antonella Guida, Direttore Distretto Sanitario Asl Caserta e responsabile Sanità Centro Studi EUMED – sconta nell’assistenza territoriale grossi ritardi, nonostante i grandi proclami dei tempi passati, e nonostante le norme che sono molto chiare. L’assistenza territoriale è stata considerata sempre un po’ la Cenerentola dell’assistenza. Viviamo in una visione ospedale-centrica, in cui la maggior parte delle risorse vengono quasi sempre deviate sugli ospedali. Oggi, con il Pnrr abbiamo un’opportunità grande: esso rivolge la sua attenzione e quindi l’erogazione dei fondi, soprattutto alla sanità territoriale. E con nuove strutture, nuove funzioni, nuove attività. E in questo quadro, anche la persona affetta da malattia rara può trovare una nuova risposta ai suoi bisogni. Innanzitutto, perché si va a ricollocare la sanità nel contesto del territorio vicino al paziente, come recita il DM 77, si avrà una sanità di prossimità che ha una sua estrema declinazione nella domiciliarizzazione delle cure. E questo percorso di spostamento dell’assistenza dall’ospedale al territorio fino alla casa del paziente è sicuramente di grande vantaggio per il paziente affetto da malattia rara e per la sua famiglia. Sarà poi ulteriormente facilitata l’assistenza al malato raro con il processo di digitalizzazione: la telemedicina, il teleconsulto spesso per un malato raro sono occasioni di controllo, di follow up, che in questo modo non impegnano a doversi recare lontano, nei centri di riferimento e di eccellenza che non sono sparsi sul territorio in maniera così diffusa. Poi ci sono tutte quelle strutture che il DM 77 prevede: le case di comunità, le Uca, la centrale operativa territoriale. È chiaro che questo non è un qualcosa che cambia dalla mattina alla sera. I fondi non sono tantissimi, ma non è una questione di fondi strutturali ma di riuscire a recuperare da queste nuove attività, da queste nuove funzioni che il Pnrr descrive, dei benefici concreti. Ecco, questo è il sogno, questa è la speranza. E ci dobbiamo credere perché questa sfida può essere vinta”.

“Come azienda B-Corp orientata alla creazione di valore condiviso, ci impegniamo a sostenere la comunità delle persone che convivono con una malattia rara e di chi se ne prende cura, con progettualità volte a ridurre lo stigma causato dal fatto di avere una malattia rara, spesso vissuto come elemento di diversità”, ha detto Alessandra Vignoli, Head of Mediterranean Cluster, Chiesi Global Rare Diseases, “dedichiamo grande attenzione alla ricerca scientifica e al trattamento dei pazienti con patologie rare, concentrando il nostro impegno in quest’area di grande rilevanza ed impatto sociale e offrendo soluzioni terapeutiche innovative che migliorino la qualità della vita delle persone. Con questo evento formativo e informativo abbiamo voluto essere ancora più vicini alla comunità dei pazienti, coinvolgendo un pubblico più ampio possibile, proprio per far sapere che esistono le malattie rare, per essere consapevoli delle problematiche che hanno i pazienti e ovviamente anche migliorare l’inclusione, con una campagna coinvolgente, stimolante e appassionante”.

Enrico Piccinini, Head of Europe Chiesi Global Rare Diseases, ha aggiunto: “Avere oggi qui tutti gli stakeholder del mondo delle malattie rare, è l’unico modo in cui si può lavorare e ottenere qualcosa. Il progetto mi è piaciuto subito perché lo sviluppo del concetto della rarità nella quotidianità è un elemento fondamentale per creare consapevolezza e inclusione, attenzione, empatia da parte della società. Senza l’aiuto della società intera queste patologie rimarrebbero orfane, se invece mettiamo insieme tutti i protagonisti e li indirizziamo verso un obiettivo comune, che è il bene del paziente, riusciremo a ottenere qualcosa. Chiesi è nel mondo delle malattie rare da anni, nel 2020 abbiamo creato una Business Unit focalizzata su questo a livello global: siamo d’altro canto una Società Benefit e B Corp certificata, che fa dell’attenzione sociale un elemento fondamentale della sua identità. E all’interno di questo mondo le malattie rare hanno un posto prevalente”.

Live Rarity con l’Accademia Made di Siracusa

Chiesi Global Rare Diseases ha indetto un hackathon in collaborazione con l’Accademia MADE di Siracusa, coinvolgendo gli studenti del secondo e terzo anno dei diversi indirizzi di studio (design, moda, fotografia e arte) per comunicare in modo innovativo le tematiche inerenti il mondo delle malattie rare.

Durante il brief si è creato un kit di materiali comunicazionali dedicato al pubblico per generare sempre più interesse sul significato di malattia rara. Risultato: 5 progetti su 5 tematiche diverse, con una forte componente poetica ed empatica, in grado di dialogare con tutti gli attori coinvolti rendendoli partecipi alla diffusione della consapevolezza sulle malattie rare.

Il progetto vincitore

Il concetto alla base dell’idea premiata a Parma evidenzia che “È importante che un paziente si senta prima di tutto una persona”. Gli studenti premiati dichiarano: “Abbiamo realizzato una campagna che attraverso l’utilizzo di parole e grafica trasforma i sentimenti di chi è affetto da una Malattia Rara, da negativi a positivi. Un progetto impattante e dal forte potere empatico che scardina i preconcetti e favorisce il rapporto umano”.

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